Le 6 Fasi della Vendita che vogliamo proporre saranno sviluppate in altrettanti post che permetteranno di attivare una riflessione profonda e duratura su ogni singola fase.
In questo primo contributo desidero soffermarmi sulla Fase 1 cruciale, delicata e importante del processo di vendita: accoglienza e approccio al Cliente.
Vendere, Vendere, Vendere. Ripetere come un mantra questa parola ai propri Store Seller può servire ad ottenere risultati. Serve per ricordare qual è lo scopo della professione… e in molti casi produce buoni risultati.
Allo stesso tempo, è importante una riflessione su ciò che contribuisce a rendere efficace il processo di vendita, in modo da ottenere, in ogni momento della relazione con il Cliente, la situazione più favorevole per una sales effectiveness in store.
Le sei fasi della vendita che vogliamo proporre (evidenziate nell’immagine in alto), saranno lo spunto per altrettanti post che permetteranno di attivare una riflessione profonda e duratura su ogni singola fase.
In questo primo contributo desidero soffermarmi su una fase cruciale, delicata e importante del processo di vendita: accoglienza e approccio al Cliente.
Lo scenario critico e complesso del mercato suggerisce una maggiore attenzione verso la capacità di incidere sulla relazione con i Clienti. La diminuzione del traffico all’interno degli Store aumenta la frustrazione di chi sul quel traffico ha costruito il proprio successo. I commenti più frequenti sono “Entra poca gente” e spesso con l’aggiunta di “e quei pochi che entrano …. non sono interessati”. Ma è davvero così? Possibile che non esista un modo per migliorare i propri risultati e incidere sul tasso di conversione, un KPI sempre sotto pressione?
Come impostare la fase di accoglienza e approccio al Cliente?
Alcuni Clienti entrano nei negozi perché hanno un bisogno da compensare, altri perché hanno un desiderio da soddisfare. Un desiderio è qualcosa che va oltre, che viene dal profondo, che forse non è esplicito, non è chiaro e definito. Pertanto si va alla ricerca di qualcosa o qualcuno che ci aiuti a svelarlo, a renderlo possibile, facendolo diventare realtà.
Per motivare il mio punto di vista su questa particolare dimensione relazionale ho scelto il contributo di Will Smith, in uno spezzone di un suo film, Hitch.
E’ un film che parla della relazione uomo-donna, dove il protagonista è un consulente che si propone di aiutare i suoi Clienti a raggiungere risultati soddisfacenti. Egli non garantisce il risultato, ma si adopera per creare le condizioni affinché accada. Nella realtà poi tra il dire e il fare…, soprattutto nelle relazioni affettive, c’è un mondo da scoprire. Come nella relazione con i Clienti!!
Pensando alla realtà degli Store, la metafora mi serve per fare un parallelo tra le prime fasi di una relazione affettiva, con quelle che caratterizzano la dinamica relazionale con i clienti in un negozio. Il film si apre affrontando il tema del desiderio non dichiarato, non esplicitato, ma che è alla ricerca di qualcosa che lo sveli, lo faccia emergere (nessuna donna si alza al mattino dicendo …..), così come probabilmente nessun Cliente si alza al mattino dicendo: vediamo a chi consegno gli euro che voglio spendere. E’ molto probabile che ci siano dei segnali di desiderio e di intenzione a soddisfarlo, e lo Store Seller con una singola azione può favorirne l’esplicitazione, sollecitando l’interesse del cliente.
Ogni Cliente cerca un’opportunità per soddisfare il proprio desiderio.
Ogni Venditore ha l’opportunità di soddisfare un desiderio.
Occorre, quindi, creare le condizioni perché queste due istanze si incontrino. La componente non verbale della comunicazione diventa uno strumento chiave per lo Store Seller.
Non c’è mai una seconda occasione per fare una buona prima impressione
E quale sarà la mossa efficace? Nel film l’occasione è generata da uno stratagemma: simulare il salvataggio del cane. Ovviamente non potrebbe mai essere sufficiente se a questa situazione non facesse seguito la possibilità di approfondire altri elementi, quali la sostanza e il contenuto che la persona porta con sé.
Ma la possibilità di conoscersi va aiutata!!!
Come si possono aumentare le possibilità? Essere consapevoli del proprio ruolo è un primo passaggio. Io sono qui per vendere, per soddisfare il desiderio dei miei Clienti, per generare una sales effectiveness. Gli Store Seller esistono proprio per questo… anche se a volte vengono dirottati verso altre attività di Store che rischiano di prendere il sopravvento!!!
Ma nella fase di accoglienza e approccio al Cliente, cos’altro si può fare per creare nuove opportunità per aumentare la soddisfazione dei clienti e dello stesso Store Seller?
Un passaggio fondamentale in questa fase è l’acquisizione di competenze specifiche da mettere in campo. La conoscenza dei propri processi relazionali, dell’uso del proprio non verbale, delle proprie capacità di ascolto/osservazione e di nuove tecniche di comunicazione permette di generale nuove possibilità di far accadere qualcosa non prevista, che non è automatica, nel rapporto con i Clienti.Permette di far diventare quella del “primo contatto”, un’occasione unica per aprire la strada ad infinite possibilità.
Concludendo
… e parafrasando Will Smith, alcune regole fondamentali: non importa quando, non importa cosa, non importa chi, ogni Store Seller ha l’opportunità di approcciare un Cliente in maniera efficace, di favorire una sales effectiveness in store. Gli serve solo la convinzione di poterlo far accadere e gli strumenti per farlo efficacemente.
A quel punto: “Vendere, Vendere, Vendere” … in attesa di passare alle prossima fase: analisi delle esigenze ed esplorazione dei desideri.
La fase dell’approccio e dell’accoglienza sono assolutamente le più importanti quando la cliente entra nel nostro punto vendita…e specialmente in questo momento di mercato dove le affluenze sono in calo dobbiamo prestare maggiore attenzione al modo di porsi verso le clienti.
Riprendendo ciò che è stato detto prima si tratta davvero di un momento, un brevissimo lasso di tempo in cui riuscire ad entrare in empatia con la persona che entra nel nostro Store…l’importanza della preparazione e del linguaggio (verbale/non verbale) sono importantissimi ma non sottovalutiamo i pregiudizi (moltissimi!!!) dei Retail Store Seller, cosa primaria su cui lavorare per ottimizzare il loro fatturato. In questo modo possiamo utilizzare leve emozionali per rendere la loro esperienza negozio unica.
E non dimentichiamoci dell’occasione che abbiamo….
Il/La Cliente è entrata in negozio (quindi incuriosita..), quando poteva non entrarvi…quindi inconsciamente ci ha già detto di si quando poteva dirci di no..
Io credo che chi vende debba partire da un fatto `ambientale` preciso: il suo agire gode di pessima pubblicità. L`utente medio parte dal presupposto che il retail store seller, il venditore, agisca:
1) nel suo interesse
2) nell`interesse del suo punto vendita
3) eventualmente e incidentalmente nell`interesse del cliente.
Non è sempre così naturalmente, ma lo è (o lo è stato) abbastanza da sedimentarsi nell`immaginario collettivo. Si tratta di un pesante condizionamento da superare, un fattore ambientale che aggiunge una sfida che rischia di oscurare le capacità personali di chi vende. Questi viene facilmente annoverato, senza appello, tra i `nemici` e prontamente squalificato e tendenzialmente inascoltato.
Ecco perchè trovo particolarmente azzeccata la dimensione della `prima volta`. Se il retail store seller è in grado di trasmettere, credibilmente e immediatamente, una dimensione di disponibilità e competenza, di servizio e capacità di consulenza, allora può penetrare la corazza di diffidenza che si interpone tra la sua competenza e il bisogno/desiderio del cliente. Il retail store seller deve essere capace di fare un investimento, deve essere in grado di approcciarsi al cliente senza pensare alla finalizzazione e tale disposizione deve essere talmente evidente da superare le pregiudiziali diffidenze di cui è oggetto. Siccome il cliente, in realtà, desidera potersi fidare di qualcuno, una volta guadagnata questa fiducia il resto del percorso è in discesa. Certo, a quel punto è possibile combinare disastri, ma se stiamo parlando di professionisti e di esseri umani decenti il rischi diviene contenuto. Diversamente ritorniamo al punto di partenza.
Concordo su tutto. Le cose che stiamo scrivendo vanno tutte nella direzione che tu descrivi molto bene.
Io ho il desiderio di …non tornare al punto di partenza.
in altre parole; non esiste mai una seconda “prima volta”.
non esiste nella vita privata, nemmeno nel lavoro. di più nell’atto quasi sacro che io considero essere quello del cerimoniale di vendita.
la fase così detta dell’Approccio mi ha sempre affascinata molto; è il momento cruciale dove si decide la presa in carico reciproca. dove in qualche modo di viene “scelti” dal cliente in maniera magari non consapevole ma per questo non meno cruciale; ecco lui o lei sniderà il mio desiderio e lo renderà reale.
questo avviene nel silenzio di sé.
allora come fare?
quale tecnica?
come agire, come muoversi?
il non verbale diventa fondamentale, al di là del suono della voce, nell’accoglienza, nel saluto. dunque, un sorriso, piuttosto che uno sguardo oppure semplicemente l’avvicinamento ben calibrato e allentato nel modo giusto; soffice ma pronto, delicato eppure fermo.
l’Approccio è come il prodromo della danza, in quel segmento temporale tanto prezioso si giocheranno le mosse successive si testerà l’empatia, si moduleranno i toni per entrare in sintonia. affinché l’efficienza divenga efficacia e quindi score.
durante l’Approccio il riconoscimento sottile dello spazio personale del cliente è fulcro del successo; l’osservanza dello stesso, l’ascolto e l’osservazione; ingredienti irrinunciabili.
basta un’idea, un grammo fuori posto, a tratti, come per una ricetta di cucina e paf, il soufflé si siede miseramente una volta in forno. addio cena. addio invitati.
la mia regola? uscire dalla mia zona di comfort; scordarmi le mie inclinazioni e spesso anche la passionalità che mi connatura e fare un passo indietro. domandarmi non che cosa voglio vendere ma come intendo farlo. non che cosa voglio ottenere ma come.
il desiderio nascosto scaturirà da mille dettaglia che, allora, il cliente “sedotto” ( perché di seduzione, in fondo, si parla ) e a suo agio farà deflagrare come per magia.
così, in un tempo dove le entrate si contraggono, dove le vendite si deprimono, ancora una volta, facciamo del cliente il nostro principe. sarà la salvezza a lunga gittata e la base per il futuro.
parola di store manager in crisi!
grazie ancora una volta, Francesco, per l’opportunità.
Emanuela
Ottime considerazioni, come sempre.
Grazie per i tuoi contributi, Emanuela.
Mi piace molto l’idea della magia.
Anche io considero che sperimentare, andare oltre la propria area di confort consenta di assistere a delle magie.
Di cui il Retail Store Seller è il principale protagonista.
Quando ne ha voglia e si riconosce questo potere.
Mi piace molto nei post di questo blog e nei vostri commenti questa attenzione alla relazione, mi sembra raccontino qualcosa di molto trasversale, che dovrebbe attenere ad ogni incontro.
C’è un prima e c’è un dopo. Un essere prima di un fare. Questo tornare all’uomo mi fa pensare che sia anche la via di un’evoluzione nel mondo del lavoro che può farci vedere la crisi come opportunità per essere migliori e non solo come problema da risolvere.
La magia di cui parla Emanuela è tutto quel mondo invisibile all’interno di ognuno di noi che dialoga con l’invisibile nell’altro, al di là della coscienza e della consapevolezza, permettendo ad entrambi di far emergere ciò che è veramente importante… e bello.
Innanzitutto complimenti a Francesco, perché ha saputo ricostruire una delle tante fasi della vendita con la sensibilità di chi vive lo store nel quotidiano. Hai toccato uno dei punti focali della vendita stessa; l’approccio è una delle fasi di maggior importanza nella vendita, perché è da li che la vendita vera è propria può continuare, fino all’acquisto di un prodotto, o regredire in un nulla di fatto; da cosa dipende tutto ciò io lo descrivo come un bivio; il cliente può trovarsi d’innanzi il commesso disinteressato la cui risposta a priori è “tutto quello che c’è è esposto!!!”. Al famoso bivio invece è possibile trovarsi davanti ad un commesso che oltre ad una semplice vendita, vuole creare un rapporto, cosa rara ma molto apprezzata; allora la cliente sarà accolta da un invitante “Buongiorno” Questo saluto abbinato ad un visual , strutturato per emozionare il cliente, quindi per far scaturire dei desideri che vanno oltre alla semplice esigenza, inizieranno un percorso che difficilmente terminerà senza un risultato. Al di là della vendita vera e propria il commesso avrà ottenuto un grande beneficio, ovvero l’aver creato un rapporto con il cliente, e aver trasmesso ad esso qulalcosa di unico ovvero qualcosa di suo. Ringrazio Francesco per avermi reso partecipe di questo suo bellissimo post, perché tali argomenti hanno il potere di creare in me grandi emozioni.
Claudio
Sono contento che si stia attivando questo spazio di confronto. Il mio desiderio è che possa diventare anche uno strumento di lavoro e confronto tra Store Manager e Retail Store Seller.
Claudio quanto condivido il tuo bivio!! Ho sempre avuto difficoltà, da operatore in area Retail e da cliente, ad accettare la risposta “tutto quello che c’è è esposto”. Ogni volta mi sono detto. “Che peccato!! Che spreco!!”. Pur comprendendo possibili motivazioni, per una risposta così.
E come dice Francesco (ciao e benvenuto a bordo) peccato non cogliere l’opportunità di entrare in empatia, esplorando meglio la richiesta, di sollecitare le leve emozionali presenti. I capi dei Retail Store Seller possono fare accadere cose diverse se riescono a valorizzare il loro contributo, a farli ragionare consapevolmente per il raggiungimento dei risultati. E come dice Emanuela, i risultati non sono il tutto (bella definizione), ci sono le prestazioni, le azioni che costruiscono il percorso per futuri risultati.
Grazie per la ricchezza dello scambio.
“Il/La Cliente è entrata in negozio (quindi incuriosita..), quando poteva non entrarvi…quindi inconsciamente ci ha già detto di si quando poteva dirci di no..”
che bella questa osservazione di Francesco Favaron.
tocca un tasto nevralgico che spesso dimentichiamo. e dimentichiamo in due momenti nodali.
il primo è ben costituito dall’entrata in negozio del cliente; avrebbe potuto passare oltre e invece qualcosa ( la vetrina, il marchio, un dettaglio, il profumo della boutique stessa, la semplice curiosità ) l’ha portato a superare la soglia.
dunque “ci” vuole. vuole qualcosa da noi.
bang.
primo score.
si tratta di non perderlo, dunque, di conquistarlo anche se magari poi uscirà senza aver acquistato. tuttavia, se l’esperienza che ha vissuto ( che noi stessi gli abbiamo permesso di vivere ) sarà emozionale e traccerà un ricordo positivo nella sua memoria e sulla pelle, anche; beh, allora, il primo passo per un eventuale ritorno è fatto.
e poi ancora.
ricordo di aver studiato che il momento in cui il cliente tocca il capo, l’oggetto, è come se egli se ne appropriasse senza sapere. quasi che lo sentisse già suo. in questa fase, credo, l’approccio può performarsi ed espandersi in maniera più netta.
la persona tocca, dunque vuole.
siamo animali, in fondo, anche se sociali.
e come dice Paola, abilmente, è dalla persona che occorre partire e io aggiungo, arrivare sempre senza stancarsi. anche quando le giornate sono buie e poco redditizie. allenarsi a pensare che è lo scambio che conta, comunque. che costituisce la boa.
lo scambio e la comunicazione.
il contatto.
in un tempo in cui i numeri, in fondo, non sono più il tutto.
( bello questo salotto, davvero. bello. )
Emanuela
interessanti le osservazioni di Roberto.
se partiamo dall’evidenza dell’inutilità che porterebbe un’azione motivata solo esclusivamente dall’interesse personale ( e che condurrebbe poche spanne oltre, priva di pensiero in prospettiva ), così come quella in contrasto con il bene del cliente, una catastrofe a lunga gittata ( cerco di ragionare presupponendo l’evoluzione del venditore che non è solo “commesso”, non più, ma portatore, se adeguatamente formato e se motivato, dell’identità e dello spirito del brand al quale appartiene ), concludo mettendo a fuoco un venditore intelligente e guizzante che mette insieme, accordandole, varie circostanze.
la conquista del cliente premette intelligenza e presa di coscienza, distanza dal sé e avvicinamento all’altro.
se lo store manager riesce con fermezza e dedizione ad insegnare al proprio staff che il cliente è di fatto e in buona sostanza, il “capo”, che occorre averne rispetto perché senza la sua presenza è come se noi stessi rischiassimo di non esistere ed è il suo interesse primario a costituire la nostra missione; allora magari le cose diventano più chiare.
il cliente come conquista.
basta essere dotati del cavallo giusto.
allora eccome se il video proposto da Francesco diviene conclamante.
immaginiamo il cerimoniale di vendita come una danza di “seduzione”; gentile ma appropriata, garbata ma strategica. come avverrebbe tra un uomo e una donna, e come recita lo spezzone di Hitch.
nulla è impossibile, non credete?
qui si tratta di far innamorare il cliente di noi, del marchio, del prodotto e il venditore costituisce il mezzo di tutto ciò; nesso importantissimo. cruciale.
così, pensare di “sedurre” ( professionalmente parlando ) il cliente, di portarlo a noi è un po’ raggiungere noi stessi, è un po’ fare “anche” il nostro interesse. ma di interesse commisto e condiviso si tratta, multicolore, multisapore.
ridondante di fantasia.
lo score che raggiungiamo nel performare la vendita colma la soddisfazione del cliente e noi stessi che siamo stati capaci e in gamba.
quale traguardo migliore?
e non voglio parlare di astuzia ma di osservazione acuta. perché spesso il cliente ci sta urlando le cose ( anche se in silenzio ). sta a noi non smettere mi l’attenzione, di non abbassare la guardia mai, mai.
e di non dare mai niente per scontato.
come nella vita medesima.
per andare avanti e non tornare sui propri passi “individuali”, dico io.
e come, prima e meglio di me, dice Francesco.
Emanuela