Il Retail, come altri settori, vive un momento di grande confusione e complessità. Occorre avere nervi saldi e determinazione per lavorare con efficacia e soddisfazione, avendo consapevolezza dei propri comportamenti e del ruolo che si interpreta.
La parola consapevolezza è la parola più pronunciata dai nostri clienti in occasione di incontri preliminari per la definizione dei bisogni di sviluppo professionale per Retail Manager, Store Manager o altra figure professionali del retail. Indipendentemente dal ruolo tutti confidano sulla possibilità che vengano agiti comportamenti consapevoli e orientati verso i risultati dell’azienda.
Il dato di realtà dice che ogni giorno riceviamo differenti sollecitazioni e siamo messi in condizione di prendere decisioni che non rientrano esattamente nelle cose che facciamo abitualmente. Molto spesso la prima reazione è di dire che non si può fare, che è difficile o addirittura che non è naturale.
Per affrontare questo argomento voglio cominciare a fare distinzione, attivare consapevolezza, rispetto alla differenza tra le parole
DIFFICILE ≠ IMPOSSIBILE
ABITUALE ≠ NATURALE
Cominciare a fare distinzione tra queste parole credo consenta di dare una dimensione oggettiva a quelle che spesso sono delle generalizzazioni che possono anche paralizzare. A supporto della mia teoria propongo il video Broken Escalator.
Da quando il mio amico Daryl, di Columbus in Nebraska, me lo ha fatto vedere, ormai più di due anni fa, ho avuto modo di proporlo in diverse occasioni per sollecitare un confronto sul perché di un comportamento così passivo. Una metafora rappresentativa di una situazione che, pur sembrando di semplice soluzione, produce reazioni inattese.
Molto spesso una prima visione superficiale sollecita considerazioni poco lusinghiere anche per chi le dichiara. In più di un’occasione l’espressione “sono due idioti” è stata usata per spiegare il comportamento. Consapevole che si tratta di una sollecitazione con diverse “forzature” (per esempio entrambi cercano un telefono che non hanno, stanno fermi sul proprio gradino) invito a prendere in considerazione gli spunti che emergono.
- I due sulla scala mobile stanno reagendo con una generalizzazione: la scala mobile come l’ascensore, deve portare al piano successivo. Il comportamento che stanno agendo sarebbe l’unico possibile in ascensore. Mentre sulla scala mobile ci si può spostare avanzando oppure tornando indietro.
- Converrà andare in avanti oppure tornare indietro? Molti dicono che visto che stavano andando in sù avrebbero dovuto proseguire. Anche questa è una generalizzazione. Perché un’altra possibilità è quella di tornare indietro (soprattutto se si devono fare più piani) e prendere un ascensore. In tutti i casi quello che rimane evidente è che i due hanno una scelta da fare. Anche questo non semplifica le cose. Se non hai altra scelta forse sei più tentato a prendere l’iniziativa. Se, come in questo caso, hai più di una scelta, allora star fermo può sembrare la scelta migliore. Anche considerando che, riportandolo in azienda, la scelta che si farà potrebbe essere valutata da qualcuno (il mio capo, i miei colleghi) in modo negativo.
- Le scale mobili sono fatte per trasferire da un piano ad un altro. Mi aspetto che lo facciano e che ci sia qualcuno che se ne occupi in caso di malfunzionamento. Altra grande generalizzazione. Per riportarlo in azienda molti dicono “ci sono alcune cose che non competono a me e quindi mi aspetto che qualcuno, responsabile di questo, intervenga” anche quando l’intervento in termini di problem solving / proattività, non richiede competenze particolari. Per esempio in azienda l’aspettativa potrebbe essere che ci sia il capo pronto ad intervenire. Di conseguenza i due si fermano ad aspettare l’arrivo del tecnico come alcuni collaboratori si aspettano la soluzione dal capo.
- Anche per il tecnico esiste una scala mobile bloccante. Ed anche lui pensa che non dipende da lui, e che qualcun altro dovrebbe intervenire. Eppure dall’esterno altri vedono soluzioni semplici.
Il fattore Consapevolezza
Fatte queste analisi rimane un’ultima domanda. Come mai i due si fermano? Come mai nessuno dei due esprime una leadership? Qual è un buon motivo per stare fermi?
Una buona ragione è la mancanza di consapevolezza. I due non “vedono” quello che sta accadendo, non riescono nemmeno ad immaginare una soluzione alternativa semplicemente perché non ne sono consapevoli. Solo dopo aver visto qualcosa riusciamo a prendere l’iniziativa. Loro sono sulla scala mobile e non si vedono. Sono immersi nel problema. Occorre qualcosa o qualcuno che li faccia spostare all’esterno della situazione.
A tutti noi è capitato almeno una volta di essere bloccati davanti ad un problema, quasi paralizzati. Viene naturale (in questo caso sinonimo di abituale) accettare le cose come sono. Eppure non è innaturale prendere l’iniziativa e sicuramente e quello che facciamo in molte altre situazioni.
Solo percependo il disagio, oppure qualcuno ci sollecita, allora è probabile che si faccia qualcosa.
Per esempio raccontiamo a qualcuno un episodio e a quel punto … alcune possibilità:
- Mentre descriviamo la situazione siamo costretti a ripercorrere i dettagli. Dovendo raccontare necessariamente andiamo a rivedere le cose dall’esterno. In questo modo è come se la situazione non ci riguardasse. Così facendo attiviamo consapevolezza e vediamo quello che non vedevamo prima, attivando una condizione di empowerment. È la situazione che ci fa dire: Grazie, mi hai aiutato!! Lasciando il nostro interlocutore interdetto, che non crede di aver capito e soprattutto crede di non aver fatto nulla.
- Mentre raccontiamo l’interlocutore ci guarda e ci dice una cosa di una semplicità anche disarmante. Come ho fatto a non pensarci!! Ci da un feedback. Ci aiuta nella situazione perché, dall’esterno, è semplice dire ai due sulla scala mobile, “perché non camminate?”.
L’inconsapevolezza non permette di fare scelte efficaci.
Il confronto e i feedback aiutano a decidere con maggiore possibilità di successo e ad affrontare sfide molto più impegnative… di una scala mobile bloccata!!
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